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URBINO
Urbino (Urbìn in gallico marchigiano, Urvinum Mataurense in latino) è un comune italiano di 15.627 abitanti, capoluogo con Pesaro della provincia di Pesaro e Urbino nelle Marche.
Fu uno dei centri più importanti del Rinascimento italiano, di cui ancora oggi conserva appieno l'eredità architettonica, dal 1998 il suo centro storico è patrimonio dell'umanità UNESCO.
                                       File:Urbino-walls02.jpg
La città romana di Urvinum Metaurense divenne un centro importante durante le Guerre gotiche nel VI secolo. Venne poi presa nel 538 dal bizantino Belisario, togliendola ai Goti, e venne frequentemente nominata dallo storico bizantino Procopio. Passò quindi nel dominio dei Longobardi e poi dei Franchi. Il re dei Franchi Pipino offrì Urbino allo Stato della Chiesa. Comunque, le tradizioni indipendenti e autonome si espressero nella forma di governo del Comune finché, intorno al 1200, cadde sotto il dominio dei nobili che combattevano tra loro nel vicino Montefeltro. Questi nobili non avevano diretta autorità sul comune, ma esercitavano pressioni per la loro elezione a podestà, titolo che Bonconte di Montefeltro riuscì a ottenere nel 1213, con il risultato che gli urbinati si ribellarono, formarono un'alleanza con il comune indipendente di Rimini (1228) e nel 1234 si rimpossessarono del controllo della loro città. Successivamente, però, i Montefeltro riuscirono a riprendere le redini della città che controllarono poi fino al 1508. Durante questo periodo, Urbino prese l'aspetto che in parte ancora oggi ha, con le sue cinta murarie. Nelle battaglie tra guelfi e ghibellini, i signori di Urbino del XIII e del XVI secolo erano capi dei ghibellini delle Marche e della Romagna, e si associavano con famiglie o città ghibelline. Il 24 dicembre 1375 il conte Antonio da Montefeltro, con le armi della lega fiorentino-viscontea rientrava in Urbino e n'era "gridato" signore. Ma, scrive Gino Franceschini (Documenti e Regesti, Urbino, 1982, pp. IV-V), "non bastava essere 'gridato' signore, bisognava avere la capacità di divenirlo [...]. Nell'alleanza del febbraio 1376 le città di Urbino e di Cagli partecipavano al patto col Signore su piede di uguaglianza come compartecipi agli impegni ed agli oneri stipulati da lui, mentr'egli agiva a nome delle terre che gli ubbidivano quale 'dominus' e capo delle milizie". Era nato lo Stato di Urbino che registra una rilevante svolta politica a seguito del considerevole accrescimento territoriale generato dall'acquisizione di Gubbio del 1384.

L'esponente più famoso dei Montefeltro fu Federico, signore di Urbino dal 1444 al 1482, condottiero di successo, diplomatico abilissimo e patrono entusiasta di arti e letteratura. Nel 1444 prese il potere come figlio naturale di Guidantonio, dopo la congiura e l'assassinio del legittimo Oddantonio, inviso per la "smodata lussuria" e l'eccessivo fiscalismo esercitato durante i suoi diciassette mesi di governo.
Federico mise mano ai problemi politici impellenti ed iniziò una riorganizzazione dello Stato, che prevedeva anche una ristrutturazione della città secondo un'impronta moderna, confortevole, razionale e bella. Tutti i suoi sforzi, nei quasi quarant'anni di governo, furono tesi a questo scopo che, grazie alle sue straordinarie doti unite a una notevole fortuna, arrivò a un soffio dalla piena realizzazione.
Alla sua corte, Piero della Francesca scrisse sulla scienza della prospettiva, Francesco di Giorgio Martini scrisse il suo Trattato di architettura (concludendo i lavori di ristrutturazione del Palazzo Ducale avviati da Luciano Laurana), e il padre di Raffaello, Giovanni Santi, scrisse il suo resoconto poetico dei principali artisti del periodo. La corte brillante di Federico, attraverso le descrizioni di Baldassarre Castiglione ne Il Cortegiano, introdusse i caratteri del cosiddetto "gentiluomo" in Europa, che rimasero pienamente in voga fino al XX secolo.

Cesare Borgia e gli anni del ducato Della Rovere

Cesare Borgia spodestò Guidobaldo da Montefeltro, duca di Urbino, ed Elisabetta Gonzaga nel 1502, con la complicità del padre Papa Alessandro VI. Dopo il tentativo di Papa Medici, Leone X, di nominare un giovane Medici come duca, Urbino rimase parte dello Stato Pontificio, sotto la dinastia dei duchi Della Rovere (1508 - 1631). Costoro trasferirono nel 1523 la corte nella città di Pesaro e Urbino iniziò un lento declino che si sarebbe protratto fino agli ultimi decenni del XVII secolo.

Annessione allo Stato Pontificio

A seguito dell'estinzione della dinastia dei Della Rovere (1631), Papa Urbano VIII incorporò il ducato di Urbino nei territori papali, seguendo le volontà dell'ultimo duca, Francesco Maria II, che, rimasto senza eredi, aveva designato la Santa Sede a succedergli fin dal 1625 (la successione divenne però esecutiva solo alla morte del duca, sei anni più tardi). Lo Stato fu governato, da allora, da un legato pontificio, generalmente appartenente all'alta gerarchia ecclesiastica. In seguito alla devoluzione del Ducato allo Stato Pontificio, il ricco patrimonio artistico (compresi i mobili) del Palazzo Ducale andò a costituire, in massima parte, la dote dell'ultima discendente diretta dei Della Rovere, Vittoria, andata in sposa a Ferdinando II de' Medici; successivamente queste opere costituiranno il nucleo della futura Galleria degli Uffizi. Tra le opere andate a Firenze c'è il dittico dei duchi d'Urbino di Piero della Francesca. Altre opere del Palazzo Ducale verranno portate a Roma, come le Tavole Ex Barberini di Fra Carnevale o la celebre biblioteca, assorbita interamente dalla Biblioteca Vaticana nel 1657.

Gli Albani e l'occupazione francese

Il XVIII secolo si aprì con l'elezione al soglio pontificio (1701) del cardinale urbinate Giovanfrancesco Albani, col nome di Clemente XI. Per la città si aprì l'ultima grande stagione di splendore, soprattutto sotto il profilo artistico-culturale; grazie al finanziamento, da parte del Papa Albani e dei suoi familiari, di importanti lavori di ristrutturazione di vari palazzi, chiese e monasteri della città; come : Palazzo Albani, parte della facciata del Palazzo Comunale, il Palazzo dell'Arcivescovado, la Cappella Albani (all'interno del convento di San Francesco), l'Oratorio di San Giuseppe, la ristrutturazione interna delle chiese di San Francesco, San Domenico e Sant'Agostino. Mentre furono costruiti nuovi edifici (Palazzo del Collegio Raffaello) e fu promossa la nascita di una rinomata manifattura artigiana (Fabbrica delle Spille). Inoltre il mecenatismo del Papa e della sua famiglia, si rifletté in ricche donazioni alla Cattedrale (come il nuovo altare) e agli altri enti religiosi della città. Questa nuova età di splendore per la città, terminò con la morte di Clemente XI (1721), riavviando la città ad un lungo declino che si è esteso fino ai nostri giorni. Dopo la morte del Papa, la famiglia Albani rimarrà la principale committente delle opere più significative, fino alla prima metà del XIX secolo, soprattutto nelle persone del cardinale Annibale Albani e del nobile Orazio Albani, quest'ultimo affiderà all'architetto Pietro Ghinelli la realizzazione del Palazzo Nuovo degli Albani (sull'attuale piazza della Repubblica).
Nel 1789, a seguito del forte terremoto che aveva colpito Urbino, si verificò il crollo della cupola della Cattedrale, evento che portò al totale rifacimento della chiesa.
Invece tra il 1797 e il 1800 la città venne occupata dalle truppe francesi, come gran parte dell'Italia centro-settentrionale. Durante l'occupazione francese Urbino e il suo territorio subirono le requisizioni di importanti opere d'arte, con il loro spostamento verso Parigi o Milano, nelle nascenti gallerie del Louvre o di Brera. Questo evento fu un ulteriore fattore che impoverì il patrimonio artistico locale, già provato dalla perdita delle opere a seguito della devoluzione del Ducato nel XVII secolo.

Il rinnovamento urbanistico del XIX secolo


Veduta di Corso Garibaldi verso piazza della Repubblica
Il secolo si aprì con la consacrazione nel 1809 della nuova Cattedrale, secondo il progetto dell'architetto Giuseppe Valadier. Un'importante ruolo, in questa prima metà del secolo, lo avrà il nobile urbinate Fulvio Corboli, definito successivamente Padre della Patria, nell'ideare un primo progetto di rinnovamento urbanistico e ad intuire la necessità di risolvere l'isolamento della città rispetto alla zona costiera. In seguito alla costruzione del Palazzo Nuovo degli Albani (1831), progettato dall'architetto Pietro Ghinelli, che diede origine all'attuale piazza della Repubblica, si andò a costituire il primo tratto del futuro Corso Garibaldi; da questo momento avranno inizio una serie di interventi urbanistici destinati a cambiare il volto della città. Partendo dalla costruzione del Teatro Sanzio (1845 - 1853), alla realizzazione di Corso Garibaldi porticato sul lato a valle, per garantire ai frequentatori del teatro un passaggio coperto e diretto dall'attuale piazza della Repubblica, costruzione che si protrasse fino ai primi anni del XX secolo. Inoltre un'altra importante innovazione urbanistica fu l'abbattimento, nel 1863, di un tratto delle mura per realizzare una barriera daziaria, denominata Porta Nuova poi Barriera Margherita (in onore della regina Margherita di Savoia) da cui si sviluppava una nuova strada che correva lungo un tratto delle mura e si congiungeva a Corso Garibaldi; conseguente a questa nuova disposizione urbanistica si ebbe la sistemazione dell'ampio terreno sottostante il Palazzo Ducale (sul lato a valle verso la Data), che verrà denominato Pincio. Queste ultime trasformazioni urbanistiche determinarono un cambiamento nell'accesso alla città, perché se prima si doveva passare per strette e tortuose stradine, tramite le porte della cinta muraria, ora si attraversava la più agevole Porta Nuova e la comoda strada delle mura per giungere nell'attuale piazza della Repubblica o al Palazzo Ducale (il centro della città). Questo rinnovamento urbanistico rispecchiava molte delle idee di Fulvio Corboli ma la sua progettazione fu curata in gran parte dall'architetto Vincenzo Ghinelli.

L'annessione al Regno d'Italia

L'8 settembre 1860 le truppe piemontesi entrarono in Urbino da Porta Santa Lucia, costringendo alla resa le ultime resistenze dell'esercito pontificio sotto il porticato del Collegio Raffaello. Il nuovo governo attuò la confisca di vari beni ecclesiastici, tra cui buon parte del convento di San Francesco (dove in una parte venne realizzato un orto botanico, su progetto di Vincenzo Ghinelli), il monastero di santa Chiara, quello di san Girolamo e tanti altri. Nel 1898 sarà inaugurata la stazione ferroviaria, con un collegamento verso Fabriano, poi nel 1915 verrà realizzato il collegamento con Fano; peraltro da Urbino il tratto ferroviario si sarebbe dovuto estendere fino a Santarcangelo di Romagna ma rimase incompiuto. La tratta ferroviaria Urbino - Fano, e anche il collegamento con Fabriano, rimase in funzione fino al 1987.

La prima metà del XX secolo

Il secolo iniziò come si era svolto quello precedente, e perdurò così per quasi tutta la prima metà, senza particolari eventi significativi. In questo periodo è da segnalarsi la piena fioritura dell'attività artistica della Scuola del Libro (Istituto per la Decorazione e l'Illustrazione del Libro) che espresse notevoli talenti in ambito nazionale e internazionale. Oltre al grande sviluppo conosciuto dalla Scuola del Libro, in questo periodo si assiste alla crescita dell'ateneo cittadino, con l'elevazione a facoltà universitaria della ottocentesca Scuola di Farmacia e alla nascita della Facoltà di Magistero (1934 ca); conseguente all'evoluzione dell'Università si ha un incremento della popolazione studentesca, evidenziando lo stato di totale impreparazione della città (scarsità di alloggi), tant'è che per i primi tempi molti studenti furono ospitati nelle case di privati cittadini. Il problema fu in parte risolto con l'istituzione del Convitto maschile "Raffaello", agl'inizi del secolo, e del Convitto femminile "Laura Battiferri", nel 1926 ca.

Questo periodo fu dominato dai grandi eventi della storia nazionale e internazionale, che inevitabilmente coinvolsero Urbino; ma tra questi il periodo della dittatura fascista ha lasciato il segno maggiore in città, soprattutto dal punto di vista architettonico, con: la Scuola Elementare "Giovanni Pascoli" (1932), eretta sull'antico Giardino di Santa Lucia (giardino delle delizie dei duchi), il restauro di palazzo Mauruzi-Gherardi, allora sede del tribunale, la Casa dello Studente, per sopperire alla scarsità di alloggi a seguito della grande crescita della popolazione universitaria, e le case popolari per i mutilati e gl'invalidi civili.
Nel 1938, la città venne designata come sede per la neonata Soprintendenza alle Gallerie e alle Opere d'Arte delle Marche.
Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale la città non subì alcun bombardamento, grazie alla grande croce rossa dipinta sul tetto del Palazzo Ducale e al tacito accordo tra tedeschi e alleati; solo verso la fine del conflitto bellico, le truppe tedesche in ritirata fecero minare tutti i bastioni delle mura, ma fortunatamente le mine vennero manomesse dagli operai urbinati che erano stati assoldati. Sempre, durante la ritirata, l'esercito tedesco isolò la città, con la distruzione dei collegamenti ferroviari e stradali. Tra i danni apportati alla rete ferroviaria vi fu: la distruzione della galleria, allora in costruzione, tra Urbino e la frazione di Schieti, utilizzata dai tedeschi come deposito di armi, ed a causa della sua posizione ai piedi del colle, sulla cui cima sorge parte del centro storico, si temette che la sua esplosione portasse alla distruzione del soprastante abitato, ma fortunatamente ciò non avvenne. Durante il conflitto mondiale è, da sottolineare l'importante operazione messa in atto, dall'allora Soprintendente alle Gallerie e alle Opere d'Arte delle Marche a Urbino Pasquale Rotondi, che mise in salvo circa 10.000 opere (tra cui quelle di Giorgione, Piero della Francesca, Paolo Uccello, Tiziano, Mantegna, Raffaello e tanti altri, da tutti i più grandi musei d'Italia) dalle requisizioni naziste e dalle distruzioni della guerra. Queste opere furono inizialmente nascoste all'interno del Palazzo dei Principi di Carpegna per poi essere spostate nella Rocca di Sassocorvaro.
Urbino sarà liberata dall'occupazione nazista il 28 agosto 1944, per merito del V Corpo d'armata inglese, delle truppe polacche e grazie all'azione dei gruppi partigiani della zona.

Urbino e De Carlo


Ingresso principale della Facoltà di Legge (Giurisprudenza)
La seconda metà del XX secolo si caratterizzò in Urbino per la collaborazione dei principali enti cittadini (Università e Comune) con l'architetto Giancarlo De Carlo. Questo rapporto iniziò nel 1956 quando Carlo Bo, l'allora rettore del Università, commissionò a De Carlo il progetto di ristrutturazione interna di palazzo Montefeltro - Bonaventura, sede centrale dell'Ateneo. Subito dopo l'architetto genovese fu incaricato dal Comune di redigere il Piano Regolatore Generale (1958 - 1964) mirato al recupero del centro storico; che versava ormai da tempo in pessime condizioni e rischiava di perdere diversi quartieri tra cui lo stesso Palazzo Ducale per il cedimento del terreno sottostante, composto da pietra tufacea e da alte concentrazioni d'acqua; tale problema fu risolto grazie ai finanziamenti statali derivati da due leggi speciali varate per la città (nel 1968 e nel 1982). Successivamente De Carlo realizzerà vari progetti per l'ateneo cittadino tra cui i Collegi, nei pressi della chiesa dei Cappuccini fuori dal centro, un'interessante esempio di architettura che dialoga con il paesaggio circostante; mentre i progetti di costruzione: della Facoltà di Legge (1966 - 1968), della Facoltà di Magistero (1968 - 1976) e della ristrutturazione di palazzo Battiferri (1986 - 1999), sede della Facoltà di Economia, sono tre considerevoli esempi d'inserimento di una architettura contemporanea in un contesto antico. Mentre gli anni settanta saranno contrassegnati dalla collaborazione col Comune, per la realizzazione del progetto denominato Operazione Mercatale (1969 - 1972) che comprendeva la realizzazione di un parcheggio sotterraneo multipiano nel piazzale del Mercatale (sotto i celebri Torricini del Palazzo Ducale) e il restauro della Rampa Elicoidale di Francesco di Giorgio Martini (1971 - 1975); sempre dalla collaborazione col Comune si svilupperà il progetto di ristrutturazione del Teatro Sanzio (1977 - 1982) e il progetto di recupero, molto discusso, delle antiche Stalle Ducali (i cui lavori sono ancora in corso). Uno degli ultimi interventi decarliani sarà la redazione, tra il 1989 e il 1994, del Nuovo Piano Regolatore Generale.

L'ex Monastero di Santa Chiara



l'ex Monastero di Santa Chiara
Si tratta di uno dei monumenti più importanti della città. Una prima struttura venne eretta in quel sito verso il 1420 per ospitare il Conservatorio delle Donne Vedove; nel 1456 ricevette la regola dell'osservanza di Santa Chiara da Papa Callisto III per intercessione del duca Federico III da Montefeltro. Nel 1457 vi si ritirò in clausura la prima moglie del duca Federico III, Gentile Brancaleoni, e nel 1472 vi fu sepolta la seconda moglie del duca, Battista Sforza, per espressa volontà della defunta. Nel 1482 anche Elisabetta da Montefeltro, una delle figlie del duca Federico III, si ritirò in questo monastero, dopo la morte del marito Roberto Malatesta; dopo alcuni anni divenne suora e con la sua dote avviò la ristrutturazione del monastero, su progetto dell'architetto senese Francesco di Giorgio Martini, rimasto incompiuto per le sfavorevoli contingenze storiche. Successivamente i Della Rovere intervennero, tra XVI e XVII secolo, sulla chiesa conventuale arricchendola decorativamente sia negl'interni che negli esterni; dal 1538 divenne il Mausoleo ducale con la sepoltura nella suddetta chiesa del duca Francesco Maria I Della Rovere e poi negli anni seguenti di altri membri della famiglia. Nella storia dell'edificio non si registrerà niente di particolare fino al 1864, quando l'edificio fu confiscato dal Comune per destinarlo a Istituto di Educazione Femminile, destinazione che mantenne fino al 1904 quando vi fu istituito l'Ospedale Civile; questa destinazione portò a profonde trasformazioni degli ambienti interni, con gravi demolizioni come la cancellazione delle decorazioni secentesche nella chiesa, adibita a vestibolo dell'ospedale.[10] Negli anni settanta l'ospedale venne trasferito in un nuovo fabbricato, nella periferia della città, e l'ex-monastero divenne sede dell'Istituto Superiore per le Industrie Artistiche (ISIA), che portò ad un primo recupero della struttura. Si dovrà attendere il 22 settembre 2011 per il completo recupero dell'edificio, con il termine dei lavori di restauro, durati quattro anni, che hanno riportato l'edificio all'aspetto del XVI secolo.

La Data e la Rampa elicoidale



la Data (al centro in basso) e la Rampa elicoidale (a sinistra)


Monumento a Raffaello
La Data (o Stalle Ducali) poteva contenere fino a 300 cavalli e assieme alla vicina Rampa elicoidale è opera dell'architetto Francesco di Giorgio Martini; volute entrambe dal duca Federico III da Montefeltro nella seconda metà del XV secolo, come parti collegate al complesso del nascente Palazzo Ducale. La Rampa Elicoidale è un'imponente struttura architettonica che si erge sul lato nord della Data. La sua funzione era quella di garantire il passaggio, al Duca e alla sua corte, dal Palazzo alle Stalle Ducali e viceversa. Nel XIX secolo fu eretto, sulla parte superiore della Rampa, il Teatro Sanzio, su progetto dell'architetto Vincenzo Ghinelli. Dopo un lungo periodo di abbandono, seguito soprattutto al declino della città dalla seconda metà del XVI secolo, la Rampa e la Data furono soggette ad un progetto di recupero curato dall'architetto Giancarlo De Carlo. Questo progetto portò al completo restauro della Rampa Elicoidale nel 1977, nell'intervento urbanistico di recupero dell'intera zona del Mercatale, e al recentissimo avvio dei lavori di restauro, molto discussi, delle Stalle Ducali.

Il Monumento a Raffaello

Realizzato dallo scultore Luigi Belli alla fine del XIX secolo. Inizialmente collocato in piazza Duca Federico, all'ingresso principale del Palazzo Ducale, fu trasferito nel 1947 in cima a via Raffaello, dove si trova tuttora.

Il Mausoleo dei Duchi



Il mausoleo dei Duchi



Questa chiesa è anche detta di San Bernardino e fa parte di un complesso conventuale a cui è annesso il cimitero cittadino. Situata poco fuori della cinta muraria della città, venne realizzata, probabilmente, da Francesco di Giorgio Martini nella seconda metà del XV secolo per volere del duca Federico III da Montefeltro, per ospitare la propria tomba e quelle dei suoi successori; ovvero Guidobaldo I Da Montefeltro ultimo duca della dinastia. In origine vi era conservata, sull'altare maggiore, la celebre pala d'altare di Piero della Francesca, raffigurante la Madonna, Federico III e alcuni santi, ora alla Pinacoteca di Brera a Milano (essendo stata trafugata dalle truppe napoleoniche nel 1797).

Il Teatro Sanzio



il Teatro Sanzio
Venne eretto sulla parte superiore del torrione, nel quale vi è la Rampa elicoidale, denominato dell'Abbondanza per la vicinanza con l'Orto dell'Abbondanza, nome con il quale si indicava la Data da quando non era più utilizzata come stalla a seguito del crollo del tetto per il degrado. Nel 1840 fu indetto un concorso per scegliere l'architetto a cui affidare il progetto del nuovo teatro; venne scelto quello del senigaliese Vincenzo Ghinelli. L'inizio dei lavori di costruzione iniziò nel 1845 e si protrasse fino al 1853; con la costruzione del teatro furono abbattute alcune strutture della parte superiore della Rampa elicoidale, utilizzate ormai da diversi anni come granai cittadini (Capannone dell'Abbondanza). La decorazione interna fu affidata a Raffaelle Antonioli da Gubbio, che si occupò di affrescare il soffitto della sala, Francesco Serafini decorò il sipario con una scena raffigurante la Gloria d'Urbino mentre Romolo Liverani ebbe l'incarico di realizzare le scenografie; l'atrio è ornato da due busti marmorei, uno raffigurante Raffaello Sanzio (a cui il teatro è dedicato) opera di Carlo Finelli del 1853, che però rimase incompiuto per la morte dell'artista, mentre l'altro busto raffigurava Donato Bramante realizzato dallo scultore Giambattista Pericoli (futuro primo direttore dell'Istituto di Belle Arti / Scuola del Libro) nel 1850. Oltre al teatro, il Ghinelli aveva progettato anche il tessuto urbanistico circostante, come per esempio la realizzazione di una piccola esedra davanti alla facciata dell'edificio per rendere più agevoli le manovre delle carrozze. Tra il 1977 e il 1982 l'edificio fu sottoposto ad una radicale ristrutturazione ad opera dell'architetto Giancarlo De Carlo, che apportò considerevoli modifiche soprattutto agl'ambienti interni del teatro.

Edifici Religiosi

le Chiese :

  • la chiesa di San Francesco


la chiesa di San Francesco
Risalente al XIII secolo ma sistemata nella forma attuale nel 1742 dall'architetto Luigi Vanvitelli. Ha mantenuto della preesistente chiesa gotica: il campanile con la sottostante cappella, il nartece (il portico sulla facciata) e una parte di un affresco, raffigurante la crocifissione di Cristo, opera dei fratelli Salimbeni. La chiesa attuale è il "Pantheon" urbinate, perché vi sono sepolti: Federico Barocci, Giovanni Santi (pittore e padre di Raffaello Sanzio) e la moglie Magia Ciarla, il Beato Pelingotto, il Conte Antonio II da Montefeltro, Timoteo Viti (pittore urbinate), Federico Comandino (matematico), Bernardino Baldi (letterato), Antonio Galli (poeta), Marco Montano (poeta), Muzio Oddi (architetto) e tanti altri. Inoltre la chiesa ospita un bel quadro di Federico Barocci, intitolato "il Perdono di Assisi", collocato sull'altare maggiore.

  • la chiesa di San Domenico



Risalente al XIV secolo ma rifatta internamente nel 1729. Ha mantenuto sull'esterno i resti della chiesa gotica e un notevole portale rinascimentale con la lunetta opera di Luca della Robbia, realizzata nel 1450.

  • la chiesa di Santo spirito,
  • la chiesa di San Sergio,
  • l'ex convento dei Carmelitani Scalzi,
  • l'ex convento di San Girolamo,
  • l'ex convento di Sant'Agostino,
  • il monastero di Santa Caterina,
  • la chiesa di Santa Maria degli Angeli,
  • la chiesa di Santa Maria della Torre,
  • la chiesa di San Bartolo o Bartolomeo,
  • la chiesa di Sant'Andrea Apostolo,
  • il monatero di Santa Chiara,
  • la chiesa della Santissima Annunziata,
  • la chiesa della Madonna dell'Homo,
  • la chiesa della Madonna di Loreto,
  • il santuario del Sacro Cuore di Gesù (in costruzione),
  • la chiesa dei Cappuccini,
  • la chiesa di Santa Maria de Cruce (Mazzaferro),
  • la chiesa del Cristo Re (Trasanni),
  • la pieve di San Cassiano (Castelcavallino),
  • la chiesa di San Cipriano,
  • la chiesa di San Donato,
  • la chiesa di San Giovanni Battista (Pieve di Cagna),
  • la chiesa di San Giovanni in Pozzuolo,
  • la chiesa di San Giovanni in Battista (Schieti),
  • la chiesa di San Tommaso (Torre),
  • la chiesa di Santa Maria Assunta (Canavaccio),
  • la chiesa di Santo Stefano di Gaifa,
  • la chiesa di Santa Maria Assunta (Gadana),
  • la chiesa di Santa Maria delle Selve,

Vie e Piazze principali

  • Piazza Duca Federico (già piazza Maggiore),
Si tratta di una piccola piazza, di forma quadrilatera, situata sulla sommità del colle del Poggio. Tramite tale piazza si accede all'ingresso principale del Palazzo Ducale, la cui mole domina il lato meridionale e occidentale. Mentre il lato settentrionale è dominato dalla cattedrale, il cui lato lungo, che si affaccia sulla piazza, è adornato dalla Loggia del Grano, che garantisce l'accesso all'Oratorio della Grotta. Infine sul lato orientale la piazza confina con l'adiacente via Puccinotti. Questa piazza si può considerare il "cuore" di Urbino, in quanto essa ha rappresentato il fulcro attorno al quale è nata e si è sviluppata la città; rappresentandone, per secoli, il centro politico, amministrativo e religioso. Inoltre, dal 1898 al 1947, questa piazza ospitò il monumento a Raffaello Sanzio, di Luigi Belli, ora collocato in cima a via Raffaello.
  • Piazza della Repubblica (già piazza 8 settembre),
L'attuale piazza, di forma trapezoidale, è nata nel XIX secolo, con l'ampliamento sul lato meridionale dovuto alla realizzazione del Palazzo Nuovo degli Albani e poi all'apertura di Corso Garibaldi. Sulla piazza confluiscono cinque vie (via Raffaello, via Battisti, via Veneto, via Mazzini e Corso Garibaldi) ed il suo centro è dominato da una fontana, progettata da Diomede Catalucci nel 1908, eliminata nel 1927, e reintrodotta negl'anni novanta. La piazza, prima dell'ampliamento ottocentesco, era più stretta (una sorta di lieve ampliamento della confinante via Raffaello) ed era denominata Pian di Mercato, in quanto tale toponimo rispecchiava il ruolo che la piazza aveva come sede del mercato cittadino, che conserverà fino al XVIII secolo. Manterrà il ruolo sociale, ovvero quello di punto d'incontro per la popolazione urbinate, essendo favorita, in questo, dalla posizione; in quanto la piazza si trova sul punto più agevole, un piccolo pianoro, per spostarsi su uno dei due colli (il Poggio e il Monte) su cui poggia la città. Inoltre sulla piazza convergono quasi tutte le principali vie provenienti dalle maggiori Porte urbiche, contribuendo così a renderla il vero Centro della città.
  • Piazza Rinascimento (già piazza Vittorio Emanuele),
Questa piazza nacque nel 1563, per volontà del duca Guidobaldo II della Rovere. La piazza si presenta come un lungo rettangolo in pendenza; il cui lato occidentale (lato lungo) è occupato per l'intera sua lunghezza dal prospetto del Palazzo Ducale. Mentre il lato opposto è occupato dalla chiesa di San Domenico, dall'edificio dell'ex seminario e da palazzo Petrangolini. Invece il lato meridionale è chiuso da via Saffi, affiancata dai palazzi Vecchiotti-Antaldi e Montefeltro-Bonaventura; mentre, dalla parte opposta, quello meridionale confina con via Puccinotti. La piazza corrisponde parzialmente al tracciato del Cardo Massimo, dell'antico Municipio romano. Nel XVI secolo in questa piazza veniva praticato "il gioco del pallone" (da cui la piazza prese il suo nome originario) , fino al XIX secolo quando venne proibito dalle autorità. Tra XIX e parte del XX secolo, si svolse in questa piazza il consueto mercato cittadino. Nella piazza è presente, verso il lato settentrionale, un obelisco egizio, dono di Papa Clemente XI.
  • Piazzale del Mercatale,
Si tratta di un grande piazzale, di forma trapezoidale, chiuso sul lato settentrionale dalla cinta muraria e collegato alla città mediante Porta Valbona. Mentre il lato orientale confina per tutta la sua lunghezza con l'edificio delle Stalle Ducali (Data), in più nell'angolo nord-orientale è presente il torrione della Rampa elicoidale, che ha un ingresso proprio su questa piazza. Invece il lato occidentale è occupato dalle case di Borgo Mercatale e subito dietro s'innalza il colle delle Vigne. Infine il lato meridionale è aperto verso il paesaggio circostante, solo nell'angolo sud-occidentale, a ridosso del muro di contenimento della piazza, vi è un piccolo giardinetto un tempo occupato dalla chiesetta di San Rocco e dall'Oratorio di Sant'Antonio Abate, demoliti negl'anni venti del XX secolo. La piazza è stata realizzata grazie alla terra di scarto, ottenuta durante gli scavi per la costruzione del Palazzo Ducale, e per garantire una maggiore stabilità agl'edifici delle Stalle Ducali, della Rampa elicoidale e dello stesso Palazzo Ducale; infatti sul lato meridionale la piazza è sostenuta da un grande muro dominato da imponenti arcate, denominate Volte di Risciolo, il cui progetto sembra risalire alla mano di Francesco di Giorgio Martini. Il piazzale è stato, fino alla prima metà del XX secolo, sede di attività mercantili (da cui deriva il nome), ma non solo, perché nel XVI secolo vi si tenevano giochi con animali (le Corride del Mercatale), giostre e tornei cavallereschi; ancora nel XIX secolo tale piazza ospitava le partite del Pallone col bracciale. Sempre nel XIX secolo, fino alla prima metà del secolo successivo, si teneva una fiera del bestiame, in gran parte bovini, durante i giorni festivi. La funzione del Mercatale cambiò nella seconda metà del XX secolo, in particolare a seguito dell'intervento dell'architetto De Carlo; che proprio con "Operazione Mercatale" (1969-1972) si occupò della realizzazione di un parcheggio sotterraneo di due piani nella piazza; a cui seguì la sistemazione di un parcheggio in superficie con annessa stazione delle corriere. Durante gli scavi, per la costruzione del parcheggio sotterraneo, vennero rinvenuti diversi reperti di epoca romana, tra cui un busto senza testa ora conservato nella Galleria Nazionale delle Marche, provenienti dalla cima del colle del Poggio e finiti in quell'area durante i lavori per la costruzione del Palazzo Ducale.
  • Via Vittorio Veneto,
E' una delle principali vie del centro storico e riveste un importante ruolo nella città, in quanto mette in comunicazione i due centri, quello politico-religioso-amministrativo (piazza Duca Federico) e quello socio-commerciale (piazza della Repubblica). Inoltre questa via corrisponde approssimativamente e parzialmente ad un estremo del Cardo massimo, come testimonia, su un lato della via, addossato al muro di una casa, un piccolo masso di pietra, ultimo resto di Porta Maia, uno dei quattro accessi all'antico municipio romano. Poco prima della congiunzione di tale strada con via Puccinotti, si apre una piccola piazzetta in decisa pendenza, chiamata in origine Piazza Farina e ribattezzata, nel 2009, Largo San Crescentino; per il piccolo monumento al Santo Patrono presente nel sito, composto da un'ara e una colonna in pietra che sostengono una piccola statua settecentesca del Santo. Sempre su largo San Crescentino si erge la facciata settecentesca del Palazzo Comunale.
  • Via Francesco Puccinotti,
Questa via sembra quasi una sorta di prolungamento di piazza Duca Federico, in quanto su di essa si affacciano con i rispettivi ingressi: il palazzo Comunale, la Cattedrale e, tramite piazza Giovanni Pascoli, il palazzo Arcivescovile. Anch'essa coincide, all'incirca, con un segmento dell'antico Cardo massimo.
  • Via Giuseppe Mazzini (già Valbona),
Popolarmente chiamata Valbona, nome che è stato esteso all'intera contrada, comprendente i vicoli adiacenti, e alla porta urbica, che chiude a meridione la strada. Mentre a settentrione la via confluisce in piazza della Repubblica. La strada è segnata da una decisa pendenza. Questa via rappresentava, assieme alla Porta, l'ingresso d'onore della città, non a caso tutte le facciate degl'edifici, che vi si affacciano, sono tra le più belle di Urbino. Secondo la tradizione tutti i nuovi arcivescovi urbinati entrano in città mediante questa via. Lungo questa strada si trova l'Oratorio del Corpus Domini (o chiesa di San Francesco di Paola), i palazzi Lucciarini-Luminati (la cui architettura ha evidenti richiami allo stile di Francesco di Giorgio Martini) e Galli-Palma.
  • Via Raffaello (già il Monte),
La via si caratterizza in Urbino come una delle più ripide, forse anche per questo è popolarmente denominata il Monte. La strada era chiusa in cima dal bastione e dalla Porta urbica omonimi, demoliti nel XIX secolo; ora vi è, in posizione più avanzata rispetto alle mura, un parco al cui centro si staglia il monumento a Raffaello. Mentre in fondo, la via termina in piazza della Repubblica. Su tale strada si trovano la Casa Natale di Raffaello, il palazzo di Giustizia, le chiese di San Francesco e di San Sergio (la prima cattedrale); inoltre da essa si raggiunge il parco della Fortezza Albornoz. Il nome del Monte si è poi esteso ad indicare l'intera contrada.
  • Via Cesare Battisti (già Lavagine),
Popolarmente chiamata Lavagine, anch'essa è segnata da una decisa pendenza, chiusa a oriente dalla Porta omonima, mentre a meridione confluisce in piazza della Repubblica. Anche per questa strada il nome più antico e popolare, si è esteso all'intera contrada e alla porta urbica corrispondente. In origine tale via era l'accesso diretto in città, per chi proveniva da Pesaro. Su questa via si trovano: la sede principale dell'Accademia Raffaello, all'interno di palazzo Viviani (a poco distanza dalla Porta urbica), e l'antica fonte del Leone, a metà della strada sulla biforcazione con la piola di Sant'Andrea; si tratta di una fonte di notevoli dimensioni ricavata a ridosso di un tratto del muro di contenimento dell'Orto Botanico. Inoltre, addossata sulla parte interna della Porta urbica, si trova la piccola chiesa di Santa Maria degli Angeli. La via, alla sua confluenza in piazza della Repubblica, è fiancheggiata da un lato, dalla chiesa di San Francesco e dall'altro dal palazzo dell'ex Collegio Raffaello.
  • Via Bramante (già Santa Lucia),
Il tratto in lieve pendenza di questa via, è chiamato popolarmente Santa Lucia, come la Porta urbica che ne delimita l'estremità settentrionale; l'altra estremità segna la confluenza in via Raffaello. Il nome Santa Lucia, deriva dall'antico monastero dedicato all'omonima Santa, che si trovava all'inizio della lieve salita per raggiungere la Porta urbica; attualmente la chiesa e il monastero non sono più esistenti. Su tale via si trovano: la chiesa di Santo Spirito, che ha il proprio ingresso su Largo Clemente XI nel quale si trova la statua dell'omonimo Papa e un piccolo monumento commemorativo; da questo Largo si forma una biforcazione, a sinistra la via sale fino alla Porta urbica mentre a destra si arriva davanti alla scuola elementare "Giovanni Pascoli", che sorge sul luogo dove, fino al 1932, vi era il Giardino delle Delizie dei Duchi o Giardino di Santa Lucia. Poco distante da Largo Clemente XI hanno il loro ingresso: Palazzo Albani, l'Orto Botanico e la sede distaccata del Liceo Artistico Scuola del Libro.
  • Via Aurelio Saffi (già San Polo),
Popolarmente chiamata San Polo, dalla ex chiesa di San Paolo, che si trova nella parte alta della via, di proprietà dell'Università che l'ha trasformata in laboratorio di restauro. La via si caratterizza in città come una delle più ripide, assieme al Monte; si sviluppa lungo il versante meridionale del colle del Poggio, scendendo da nord verso sud. La strada è chiusa a meridione dal Bastione omonimo, mentre a settentrione confluisce in piazza Rinascimento. La parte più alta, situata sulla sommità del Poggio, rappresenta una delle più antiche zone del centro storico; in essa si trovano: palazzo Montefeltro-Bonaventura (primo palazzo dei Montefeltro), la chiesa e il monastero di Santa Caterina; mentre all'inizio della discesa, si trovano l'ex convento di San Benedetto - palazzo Battiferri (ora Facoltà di Economia) e la sopracitata ex chiesa di San Paolo. La via corrisponde, approssimativamente, all'estremità meridionale dell'antico Cardo massimo della città romana; come testimonianza rimangono, a metà della via, all'altezza della confluenza con via San Girolamo, i resti della Porta urbica. Altri monumenti di questa via sono: l'edificio decarliano dell'ex Facoltà di Magistero (ora Facoltà di Sociologia), nato dall'abbattimento del convento di Santa Maria della Bella, la cui chiesa sconsacrata è stata incorporata nel nuovo edificio; altro monumento è la chiesa di Sant'Agostino, che presenta all'esterno una facciata gotica mentre l'interno è frutto del rinnovamento settecentesco voluto da Papa Albani, per le principali chiese cittadine; legato a tale chiesa vi è anche l'ex convento (ora Facoltà di Giurisprudenza), che ha il proprio ingresso sul retro, verso le mura. Alla fine della via, in fondo alla discesa, vi è la casa dove abitò lo scrittore e poeta Paolo Volponi; proprio sul luogo dove sorge tale casa, vi era il passaggio che collegava San Polo all'omonima Porta urbica, attualmente non più fruibile ma ancora esistente. Questo passaggio venne chiuso nel XIX secolo, l'epoca in cui fu eretta Casa Volponi, a seguito dell'apertura della Barriera Margherita e della nuova strada lungo le mura.
  • Corso Garibaldi,

Decoro urbano:
  • l'Obelisco egiziano


Uno dei dodici obelischi egizi originali in Italia, si trova in piazza Rinascimento, di fronte al lato orientale del Palazzo Ducale e davanti alla chiesa di San Domenico. Formato da quattro blocchi sovrapposti e con una croce in bronzo sulla sommità, risale all'epoca di Hofra o Apries. Arrivò a Urbino nel 1737, portato da Annibale Albani, cardinale parente di Clemente XI.
FANO 
Fano (Fan in gallico marchigiano) è un comune italiano di 64.342 abitanti della provincia di Pesaro e Urbino nelle Marche.
La città, famosa per il suo carnevale, il più antico d'Italia, risulta essere la terza città per popolazione della regione Marche, dopo Ancona e Pesaro.
Con la sconfitta subita dai Galli Senoni nella battaglia di Sentinum (Sassoferrato) nel 295 a.C, ebbe inizio la colonizzazione romana della zona medio-adriatica e la divisione delle terre ai veterani. A Fano era probabilmente già presente un aggregato spontaneo in età protostorica alla confluenza della valle del Metauro con quella dell'Arzilla. Non si conosce l'anno di fondazione della città di Fano a differenza delle vicine Sena Gallica (288 a.C.), Ariminum (268 a.C.) e Pisaurum (184 a.C.) ma il primo scritto in cui compare Fanum Fortunae è databile al 49 a.C. durante l'occupazione di Cesare (Giulio Cesare - De Bello Civili) nome che rimanda al Tempio della Fortuna eretto a testimonianza della battaglia del Metauro in cui le legioni romane sconfissero l’esercito cartaginese. Il culmine della presenza romana si ebbe durante ill periodo imperiale Augusteo in cui l’imperatore Cesare Ottaviano Augusto doò l’ insediamento di mura di cinta elevandolo allo stato di colonia (Colonia Julia Fanestri).



Volute dall'imperatore Augusto nel grandioso progetto di monumentalizzazione della città e completate nel 9 d.C., le mura si conservano ancora oggi per circa i due terzi del circuito originario. La cinta si dirige a nord-ovest dalla porta di Augusto fino a raggiungere la quattrocentesca Rocca Malatestiana. Circa a metà delle mura romane si apre una porta minore di accesso alla città detta porta della Mandria dato che nel passato vi pascolavano le greggi. Aveva la funzione di consentire alla Flaminia di uscire dalla città per dirigersi a nord e raggiungere Pisaurum.

 
L’ARCO d’Augusto è la principale porta di ingresso alla città di Fano fin dall’epoca romana. Sorge nel punto in cui la via Flaminia termina all’interno della città murata con il decumano massimo. Ai lati della struttura c’erano due torrioni dai quali iniziava la cinta murata. Oggi è visibile solo uno di questi, mentre l’altro è stato abbattuto in epoche successive per costruirvi la chiesa di San Michele. La sua costruzione si fa risalire al 9 d.C.. La data è ricavabile dall’iscrizione del fregio (certamente un tempo a bronzee lettere dorate) che fa riferimento al XIII consolato e al XXXIII tribunato di Augusto, ed è susseguente alla costruzione delle mura romane, per la quale gli storici concordano, che si fanno risalire agli anni 26 e 25 a. C.. Tutta la zona basale dell’attuale arco è composta da grossi conci di pietra arenaria, esternamente rivestita da un perfetto paramento a blocchi di pietra del monte Nerone: un tipico esempio di opus quadratum, notevole per la stesura compatta e levigatissima della superficie. È il monumento più fotografato di Fano.
Nella pianta attuale della città di Fano e ancora evidente: il decumanus maximus (attuale via Arco d'Augusto), prosecuzione urbana della Strada Consolare Flaminia, ed il cardus maximus ad esso perpendicolare, rintracciabile in parte tra l'attuale Corso Matteotti e la parallela via Nolfi. All'incontro di questi assi stradali si troverebbe il foro. Ai due assi stradali principali si affiancano, a distanze regolari, decumani e cardini minori.

LA ROCCA MALATESTIANA

Ai Malatesti Fano deve anche l’ampliamento della cinta muraria, il ripristino di porte e bastioni e la costruzione dell’imponente Rocca Malatestiana che pur subendo adattamenti e modificazioni, mantenne nel suo complesso la fisionomia originaria di ampio rettangolo fortificato, delimitato da cortine scarpate con robusti torrioni angolari e con il Mastio costruito con la collaborazione dell’architetto Matteo Nuti che ricostruì, dopo la fine della dominazione malatestiana, anche Porta Maggiore con l’adiacente Bastione (che porta il suo nome). Lo spazio di questa opera difensiva fu dal 1933 usato come giardino pubblico (i giardini Roma).

LE TOMBE DEI MALATESTA

Le tombe furono trasferite dall’interno della ex Chiesa di S. Francesco, ora rudere monumentale privo di copertura, nel sottoportico e li ricomposte nel 1659. Così come appare oggi, il portico è però il risultato di una ricostruzione neogotica, portata a termine nel 1850 dall’ingegner Filippo Bandini. La Tomba di Paola Bianca Malatesti che fu la prima moglie di Pandolfo III è ornata da statuette, mensole, archetti pensili e colonnette tortili a coronamento della immagine della defunta, giacente sul coperchio dell’elaboratissimo sarcofago. Si tratta di un autentico capolavoro della scultura tardogotica d’importazione veneziana, del Maestro Filippo di Domenico. Più modesta la Tomba di Bonetto da Castelfranco, voluta da Sigismondo Malatesti per ospitare le spoglie del suo fedelissimo medico. Sul lato opposto del portale domina la rinascimentale Tomba di Pandolfo III Malatesti voluta dal figlio Sigismondo che affidò con ogni probabilità il disegno a Leon Battista Alberti. Nel corso dei recenti restauri a cui è stato sottoposto l’intero complesso monumentale inaspettatamente ritrovato il corpo mummificato di Pandolfo III.

CORTE MALATESTIANA

Cornice ideale per spettacoli musicali e teatrali, è dal 1954 che la Corte Malatestiana è sede durante l’estate di rappresentazioni liriche e di prosa, di concerti e ballett, opere classiche e moderne sulla base di cartelloni ricchi e variati. Dal punto di vista architettonico, malatestiana è solo la parte di sinistra, con l’ampio portico dalle snelle colonne in pietra (i capitelli hanno la caratteristica rosa malatestiana a quattro petali) e le quattro bellissime bifore archiacute in cotto.

CATTEDRALE

In Via Arco d'Augusto, si trova la Cattedrale dedicata all'Assunta, ricostruita nel 1140 dopo che un incendio aveva distrutto la precedente costruzione, ha una facciata tipicamente romanica tripartita a struttura mista di laterizi e arenaria arricchita da un portale strombato.Il campanile sul lato sinistro fu costruito in luogo dell'originale torre campanaria cilindrica. L'interno, a tre navate con l'aggiunta di cappelle laterali realizzate a partire dal XIV secolo, contiene un pulpito realizzato con sculture appartenute all'antica chiesa, tra cui rilievi romanici rappresentanti episodi dell'infanzia di Cristo, e la seicentesca e fastosa Cappella Nolfi a cui collaborò l'architetto Girolamo Rainaldi, che fu affrescata con "Le Storie della Vergine" da Domenico Zampieri detto il Domenichino tra 1618 e 1619. Nella Cappella dei Santi Protettori e sull'Altare Maggiore si possono rispettivamente ammirare due tele: "La Vergine con i Santi Orso ed Eusebio" di Ludovico Carracci e "La Vergine Assunta" di Sebastiano Ceccarini.


IL BASTIONE SANGALLO

Progettato nel 1532 da Antonio da Sangallo, il grande baluardo angolare, per proteggere la costa e la città dai temuti sbarchi dei corsari saraceni e portato a termine da Luca da Sangallo nel 1552. Un grande stemma pontificio posto al sommo dello sperone reca l'arma di Papa Giulio III, mentre la scritta ricorda l'anno giubilare 1550.

                            Bastione San Gallo

EREMO DI MONTE GIOVE

Il nome Monte Giove ha fatto pensare che in antico vi sorgesse un tempio dedicato a quella divinità, ma nessun resto archeologico è però finora affiorato per poterlo documentare. Recenti scavi hanno invece portato in luce tracce di un insediamento neo-eneolitico su cui si sono sovrapposti nel tempo ulteriori insediamenti fino al secolo VI a.C. La cima del colle divenne proprietà dei monaci Camaldolesi della congregazione di Monte Corona quando vi costruirono il loro convento, iniziato nel 1609 e portato a termine nel 1623. L’attuale chiesa fu però ricostruita in arretramento a partire dal 1741 (disegno dell’architetto Gianfrancesco Buonamici) a causa di cedimenti della precedente chiesa dovuti ad instabilità del terreno. Nell’interno, che presenta una pianta ottagonale inscritta in un rettangolo, si conservano quattro belle statue in stucco Dal terrazzo-belvedere del fabbricato conventuale la vista spazia su Fano, sul mare e lungo la valle del Metauro e relativi sistemi collinari. Oggi l’eremo, per le sue caratteristiche di luogo tranquillo e appartato, viene spesso utilizzato per incontri di studio e ritiri spirituali.

Bastione San Gallo

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